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  • Dott.ssa Giulia Marchesi

PRIVAZIONE DEL PIACERE: L’INFIBULAZIONE


Il fenomeno dell’infibulazione è purtroppo ancora molto presente in diversi paesi e l’aumento dell' immigrazione degli ultimi anni sta trascinando questa tradizione anche nei paesi europei : ecco perché è meglio saperne di più . Ancora oggi, infatti, è diffusa in almeno 27 paesi africani e in alcuni della fascia araba e del sud-est asiatico.

Vediamo innanzitutto di cosa si tratta e che conseguenze implica dal punto di vista fisico e psicologico.

L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) definisce mutilazioni genitali femminili (MGF) la rimozione parziale o totale dei genitali femminili esterni indotta per ragioni colturali e non terapeutiche.

Le mutilazioni genitali femminili si classificano in quattro tipologie: l'asportazione parziale della clitoride, l'escissione della stessa, l'infibulazione e interventi vari di modifica sui genitali.


L'infibulazione, nel dettaglio, consiste nell'asportazione della clitoride, delle piccole labbra, parte delle grandi labbra vaginali, e nella cucitura della vulva ; in quest’ultima viene lasciato un piccolo foro per permettere la fuoriuscita dell'urina e del sangue mestruale.

Dopo l'asportazione, allo scopo di facilitare la cicatrizzazione, le gambe della ragazza vengono legate assieme. Una volta slegate non ci sarà più però tessuto sufficiente da permettere la loro divaricazione completa.

Solo dopo la defibulazione (cioè la scucitura della vulva) vengono permessi i rapporti sessuali: spesso sono proprio gli sposi ad effettuarla prima di consumare il matrimonio.

Che conseguenze ha questa pratica dolorosa e brutale, nelle donne?

Subito dopo l'infibulazione, si presenta un forte shock causato dal dolore (l’amputazione viene praticata senza anestesia) e dalla perdita di sangue.

L’emorragia è infatti molto comune poiché l'amputazione della clitoride e delle labbra può provocare danni alle arterie e alle vene. Un prolungata emorragia può sfociare in un'anemia a lungo termine.

Le scarse condizioni igieniche, l'uso di strumenti non sterili (che possono veicolare tetano o addirittura HIV), la mancanza di adeguata illuminazione, la poca preparazione di chi pratica questa operazione e l’agitazione (comprensibile) della "paziente" (o per meglio dire, della bambina visto che non è legale e spesso non la pratica un reale dottore), sono tutti motivi di possibili infezioni e danni fisici.

Senza contare la possibilità di grosse infezioni interne che possono riguardare l'utero, le tube e le ovaie, provocando infezioni pelviche croniche e addirittura infertilità.

Poichè la minzione diviene molto dolorosa a causa dell’infiammazione della ferita aperta, le bambine trattengono l’urina anche per giorni e questo può causare infezioni al tratto urinario.

Sono frequenti le lesioni ai tessuti adiacenti (vagina, perineo, uretra), in particolar modo dell’orefizio anale e del retto, soprattutto se la ragazza non è stata tenuta con forza ed è riuscita a divincolarsi.

C’è inoltre la possibilità si presentino in seguito cisti, fibromi, fistole, calcoli, neuroma, incontinenza, problemi mestruali...

Oltre a ciò (che già di per sè basterebbe a considerare questa tradizione una vera e propria barbaria!), gli effetti si ripercuotono ovviamente nella sfera della sessualità e in tutto ciò che ad essa è collegato.

Gli esami fisici, come quello pelvico o il pap test, diventano impossibili dopo l’infibulazione, provocando così difficoltà nel diagnosticare malattie, tumori o valutare una gravidanza.

Il parto è reso difficoltoso, con grossi rischi sia per la madre che per il bambino.

Una ripercussione, non soltanto fisica, è dovuta all’autonomizzarsi del dolore, causando in queste donne la perdita di empatia (ecco perché queste ragazze diventate madri torturano nello stesso modo le figlie).

Per quanto riguarda la sfera sessuale, queste ragazze andranno incontro a dolori durante i rapporti, riduzione della sensibilità e disfunzioni sessuali.

Tutto ciò avrà chiaramente importanti conseguenze a livello psicologico, portando a disturbi del comportamento, malattie psicosomatiche, incubi, ansia, depressione, psicosi.

Ma perché in un’epoca così avanzata esiste ancora questa pratica?? Quali sono le cause alla sua origine??

Per le culture che ancora la mettono in atto, essa è un modo per definire la donna come pura, ma anche un rito di passaggio della ragazza all’età adulta.

Alla base di tutto sembra ci sia però la volontà di controllare la sessualità femminile da parte di un'egemonia tutta al maschile.

Si nega inoltre (aspetto sconcertante) il godimento della propria sessualità.

E' sicuramente una barbaria che dev'essere fermata, ma purtroppo in molti paesi, nonostante la legislazione la vieti, viene ancora praticata clandestinamente soprattutto in zone rurali che non conoscono queste leggi.

Ancora c'è moltissimo da fare per sensibilizzare socialmente stati e nazioni al fine di debellare definitivamente questa tradizione crudele .

Qui di seguito la testimonianza di Ayaan Hirsi Ali, una politica e scrittrice somala naturalizzata olandese, nota soprattutto per il suo impegno in favore dei diritti umani e in particolare dei diritti delle donne all’interno della tradizione islamica :

"Poi toccò a me. Ormai ero terrorizzata. – Quando avremo tolto questo “kintir” (clitoride) tu e tua sorella sarete pure.- Dalle parole della nonna e degli strani gesti che faceva con la mano, sembrava che quell’orribile kintir, il mio clitoride, dovesse un giorno crescere fino a penzolarmi tra le gambe. Mi afferrò e mi bloccò la parte superiore del corpo… Altre due donne mi tennero le gambe divaricate. L’uomo che era un cinconcisore tradizionale appartenente al clan dei fabbri, prese un paio di forbici. Con l’altra mano afferrò quel punto misterioso e cominciò a tirare…Vidi le forbici scendere tra le mie gambe e l’uomo tagliò piccole labbra e clitoride. Sentii il rumore, come un macellaio che rifila il grasso da un pezzo di carne. Un dolore lancinante, indescrivibile e urlai in maniera quasi disumana. Poi vennero i punti: il lungo ago spuntato spinto goffamente nelle mie grandi labbra sanguinanti, le mie grida piene di orrore… Terminata la sutura l’uomo spezzò il filo con i denti… Ricordo le urla strazianti di Haweya, anche se era più piccola, aveva quattro anni, scalciò più di me per cercare di liberarsi dalla presa della nonna, ma servì solo a procurarlo brutti tagli sulle gambe di cui portò le cicatrici tutta la vita.

Mi addormentai, credo, perché solo molto più tardi mi resi conto che le mie gambe erano state legate insieme, per impedire i movimenti e facilitare la cicatrizzazione (dato che c’è stata una perdita di sostanza, clitoride e piccole labbra, le gambe legate insieme permettono la cicatrizzazione, ma la cicatrizzazione avviene in retrazione. Non c’è più tutto il tessuto necessario perché le gambe possano essere divaricate completamente. Nessuna farà più la spaccata. Anche dare un calcio a un pallone può essere impossibile, come andare a cavallo o, nei casi più gravi, nuotare a rana. Nei casi più gravi, dove infezioni riducono ulteriormente il tessuto, le donne non possono più divaricare le gambe per accovacciarsi e urinare e, dove non esistono water, devono urinare dalla posizione in piedi con l’orina che scola tra le gambe, scola un filino alla volta, una goccia alla volta).

Era buio e mi scoppiava la vescica, ma sentivo troppo male per fare pipì. Il dolore acuto era ancora lì e le mie gambe erano coperte di sangue. Sudavo ed ero scossa dai brividi. Soltanto il giorno dopo la nonna mi convinse a orinare almeno un pochino. Oramai mi faceva male tutto. Finché ero rimasta sdraiata immobile il dolore aveva continuato a martellare penosamente, ma quando urinai la fitta fu acuta come nel momento in cui mi avevano tagliata. Impiegammo circa due settimane a riprenderci. La nonna accorreva al primo gemito angosciato. Dopo la tortura di ogni minzione ci lavava con cura la ferita con acqua tiepida e la tamponava con un liquido violaceo, poi ci legava di nuovo le gambe e ci raccomandava di restare assolutamente ferme o ci saremmo lacerate e allora avrebbe dovuto chiamare quell’uomo a cucirci di nuovo.

Lui venne dopo una settimana per esaminarci. Haweya doveva essere ricucita. Si era lacerata urinando e lottando con la nonna… L’uomo ritornò a togliere il filo dalla mia ferita. Ancora una volta furono atroci dolori per estrarre i punti usò una pinzetta. Li strappò bruscamente mentre di nuovo la nonna e altre due donne mi tenevano ferma. Ma dopo questo anche se avevo una ruvida spessa cicatrice tra le gambe che faceva male se mi muovevo troppo, almeno non fui più costretta a restare sdraiata tutto il giorno con le gambe legate. Haweya dovette attendere un’altra settimana e ci vollero quattro donne per tenerla ferma… Non dimenticherò mai il panico sul suo viso e nella sua voce… Da allora non fu più la stessa… aveva incubi orribili. La mia sorellina un tempo allegra e giocosa cambiò. A volte si limitava a fissare il vuoto per ore. (svilupperà una psicosi)… cominciammo a bagnare il letto dopo la circoncisione."

Immagine: tratta dal web

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