top of page
  • Dott.ssa Elena Aguggeri

“L’ABITO FA LA MONACA?”. L’IMPORTANZA DELLA MODA NELLA COSTRUZIONE E PERCEZIONE DEL RUOLO FEMMINILE


L’identità di un essere umano è costituita da numerose componenti.

Da un punto di vista sessuologico, è importante distinguere l’identità di genere dal concetto di ruolo di genere.

L’identità di genere è data dalla personale percezione di sé come “Maschio”, “Femmina” o “Altro”; mentre, il ruolo di genere è definibile come l’insieme delle aspettative sociali e dei ruoli che definiscono il modo in cui gli uomini e le donne dovrebbero apparire esteriormente, come dovrebbero comportarsi e quali attitudini dovrebbero dimostrare in una data cultura in un determinato periodo storico.

Nel presente articolo vedremo quanto la cultura ed i suoi prodotti (abiti nello specifico) contribuiscano significativamente a determinare il costrutto di femminilità al quale ogni donna decide di aderire in misura più o meno conforme per esprimere ed esercitare il proprio ruolo identitario.

Al giorno d’oggi è consuetudine ritenere che ogni donna, in virtù delle passate e forse ottenute rivendicazioni di indipendenza dall’ideologia maschile dominante, possa liberamente scegliere di come disporre del proprio corpo dal punto di vista estetico. La società contemporanea propone un’ampia variabilità di modelli di femminilità a cui ogni donna può potenzialmente ispirarsi. Ma questa libertà è reale o apparente?

La storia della moda e degli stili di abbigliamento da un lato esplora l’evoluzione dell’estetica del corpo nel tempo, dall’altro spiega come donne e uomini percepiscono e costruiscono culturalmente l’evolversi del concetto di femminile.

Durante il periodo della Belle Epoque in Francia si diffuse il corsetto, quale indumento intimo volto a rimarcare seno, punto vita e fianchi quali simboli di una femminilità erotica contrapposta biologicamente e culturalmente al concetto di mascolinità.

Ogni donna di quel tempo modellava il proprio corpo ed il proprio atteggiamento seguendo i dettami imposti dall’epoca; dettami imposti da una moda seguita al femminile ma costruita ad hoc dal pensiero maschile del tempo che condizionava il “Dover essere” individuale e collettivo delle donne.

Sin dal paleolitico, nell’immaginario comune, la femminilità era impersonificata da figure di donne prosperose con pancia e fianchi abbondanti. Nonostante lo scorrere dei secoli, il vestiario è stato condizionato pesantemente da questo modello sino al dopoguerra in Italia. Le trasformazioni socio-culturali dell’epoca, ridefinirono il ruolo della donna dal punto di vista sociale ed identitario.

Per poter lavorare a tempo pieno e sostenere direttamente lo sviluppo agricolo ed industriale del dopo guerra, le donne necessitavano di abiti adatti all’adempimento della mansione richiesta. Anche in considerazione di ciò, la moda propose un accento maggiormente pratico e dinamico allo stile dell’epoca. Ecco come lentamente iniziarono ad essere considerate, e a considerarsi, femminili le donne maggiormente androgine che meglio adattarono la loro struttura corporea ai cambiamenti della moda in atto. In Francia si diffuse lo stile “Garcon”: basato su forme longilinee e tagli corti di capelli, quasi a supporto del lungo e travagliato processo di parificazione tra i sessi.

Nella seconda metà del ‘900 la moda diviene dunque più sobria e funzionale, in accordo con un crescente ideale di femminilità maggiormente intraprendente, attivo ed indipendente dal punto di vista lavorativo, sociale e sessuale.


Alla donna del duemila è concesso, in maniera più o meno contraddittoria e giudicante da parte della società, di ricoprire diversi ruoli: madre, compagna, professionista, sportiva, ecc… ciascuna di queste dimensioni dev’essere ispirata contemporaneamente da aggettivi quali efficiente, sensuale, magra. L’implicazione conseguente spesso ci porta a costituire il pericoloso binomio magrezza-potere. Per avere successo ed esercitare professionalità è necessario che dimostri potere e controllo anche sul mio corpo, restringendo pesantemente l’apporto calorico quotidiano. In altri termini, la donna femminile di successo dev’essere bella e molto magra.

Accade spesso che, più o meno implicitamente, la moda supporti il pericoloso binomio proponendo uno stile di abbigliamento volto ad annullare le forme anatomiche femminili a sostegno di abiti sfoggiabili esclusivamente da donne al di sotto della taglia 40. Nell’immaginario collettivo la donna femminile e di potere indossa un tailleur pantalone, aderente e nero. Il tacco 12 che la accompagna simboleggia il potere femminile della donna del terzo millennio.

In virtù di queste considerazioni, risulterebbe estremamente riduzionistico pensare alla femminilità come un concetto di derivazione esclusivamente biologica. Il femminile va oltre il corpo, e ciò che noi utilizziamo per coprirlo, riscaldarlo e valorizzarlo condiziona pesantemente la concettualizzazione del suo significato.

bottom of page